Serhildan: La lunga intifada kurda in Turchia Dino Frisullo La Citta del Sole
Alle porte d’Europa un pugno di studenti 25 anni fa dette vita e voce all’ultimo grande movimento di liberazione del XX secolo, in grado di mobilitare decine di milioni di persone e di fronteggiare una feroce repressione giunta alla pulizia etnica; un movimento capace di proporre una soluzione politica moderna, non nazionalistica, della questione nazionale kurda, e di mettere infine in gioco la vita del suo leader carismatico, evitando al Medio Oriente una nuova guerra devastante. Scopo di questo libro è di contrastare la criminalizzazione e la rimozione dell’esperienza storica del Pkk, e rileggerne gli esiti come anticipazione di molti dei processi che oggi segnano drammaticamente il “nuovo ordine mondiale”. Viene proposta per la prima volta l’inedita analisi dei migliori studiosi inglesi e turchi sul quindicennio 1980-1995, che viene estesa fino al 12 novembre 1998, quando Abdullah Ocalan sbarcò a Fiumicino, e - attraverso materia-li di documentazione e memorie, in prosa e in versi, della Resistenza kurda - giunge agli anni più recenti della “svolta di Imrali”.
Indice
Contributi introduttivi
Piazza Kurdistan dntro di noi di Giovanni Russo Spena / 9
Aria di montagna di Erri De Luca / 13
Prefazione / 15
Parte prima 1996-1998, l’assalto al cielo
Tre anni che sconvolsero il Kurdistan e il mondo / 23 Quaranta milioni di sguardi / 63 Vent’anni di esilio, vent’anni di lotta di Abdullah Ocalan / 71
Parte seconda 1980-1996, stato kemalista e insurrezione kurda
La politica kurda della Turchia negli anni ’90 di Lord Eric Avebury / 81 Il Pkk: terrorismo o lotta di liberazione? di Lsmet G. Lmset / 111 Nazionalismo e stato di diritto in Turchia di Mark Muller / 167
Parte terza 1998-2002, documenti sulla svolta di Imrali
Piattaforma di Diyarbakir / 203 Imrali e la storia intervista al Consiglio di presidenza del Pkk / 205 La nostra rivoluzione ha volto di donna intervista a Nilufer Koc / 213 Nell’isola d’Imrali: quando pensare è sopravvivere intervista di Internationale Initiative ad Aysel Tugluk / 217 “Io amo la vita ma più grande è la mia sete di giustizia storia di Leyla Zana / 221 I kurdi ai movimenti globali interventi di Hevi Dilara / 231 Tre appelli dall’altra Italia Postfazione / 239 Un bilancio di quattro anni di passione / 243
Parte quarta Testimonianze
Cinque olive, trenta mattoni e una speranza: storia di Bawer / 253 Un popolo rinato dalla Resistenza: storia di Shergo / 259 Il canto libero e il canto prigioniero poesie di combattenti e detenuti politici del Pkk / 269
Note sugli autori / 293
Bibliografia / 297
Indice dei nomi / 301
CONTRIBUTI INTRODUTTIVI
Piazza Kurdistan Dentro di Noi
Questo libro è molto utile sia per la ricchezza della documentazione, sia per l’illustrazione attenta e precisa della vicenda storica e delle proposte di un partito che costituisce l’avanguardia collettiva di una lotta di liberazione. Ma è anche una narrazione popolare emotivamente forte, il racconto di una magnifica comunità, quella kurda. La quale, per me come per Dino Frisullo, non è lontana. Quello kurdo non è solo un popolo per il quale battersi, insieme al quale lottare: esso ha segnato la nostra vita.
Noi conosciamo, in “piazza Kurdistan” a Roma come nella comunità di Badolato, al centro Ararat, come nell’associazione Azad, l’attraversamento dei luoghi della sofferenza che accompagna il guardare e l’ascoltare le donne, gli uomini, i bambini kurdi. Sono persone insieme alle quali lottiamo; ma insieme a loro anche viviamo, ridiamo, soffriamo. E questa la forza della comunità kurda in Italia e in Europa: la vita irrompe nella militanza politica, ne rompe gli schemi ideologici, ne travalica il politicismo, ne fa emergere la causazione e, insieme, la tensione e la pas-sione. Gramsci avrebbe parlato di “connessione sentimentale’. Perché non è mera condivisione ma partecipazione comune alla costruzione del Kurdistan libero che verrà. Ho conosciuto le repressioni dei kurdi in Turchia, a Van, nell’aria e nell’oadore particolare del monte Ararat, ho conosciuto le delegazioni di massa delle marce per la pace e la solidarietà nel Newroz. Ho conosciuto anche la denegata giustizia dei tribunali militari turchi presenziando al processo a Dino Frisullo a Diyarbakir; ho letto le lettere con minuta grafia su minuti foglietti di carta che Dino ci inviava dal carcere speciale turco. Per questo, per la mescolanza tra noi europei e la comunità kurda, Piazza Kurdistan a Roma ha rappresentato l’allusione ad una piazza meticcia: culture, lingue, posizioni che s’intrecciano e, intrecciandosi, si mescolano.
La comunità kurda, sento, ci ha permesso di non essere più quelli di prima, di vivere un segmento di cittadinanza globale. Ci ha indotti a crescere, passando dalla militanza ideologica e testimoniale alla grammatica della quotidiana operatività sociale, a fare società per rifondare la politica internazionale. L accoglienza, in definitiva, non è più solo carità ma è (uso parole forti) progetto rivoluzionario moderno, nuovo internazionalismo, dentro e contro la globalizzazione liberista. Il nuovo internazionalismo infatti è individuazione dei soggetti, morte le contrapposizioni di blocchi e sistemi, è ricostruzione di uno spazio pubblico comune di rapporti e d interrelazioni, contro la “guerra preventiva” che ci vuole portare al devastante “scontro tra civiltà”.
Questo ha significato la coraggiosa venuta di Ocalan a Roma, un atto di alta politica. Egli ha detto a noi europei che un progetto alternativo si fonda sulla conoscenza, sul rapporto, sulla interrelazione appunto. Altrimenti affonda nella deriva della virtualità, nel gelido cinismo dello scacchiere diplomatico, nella letale furbizia tattica dello schieramento. Ocalan ci ha gridato forte, con la sua intelligenza ed il suo sacrificio, che i volti, gli sguardi, le vite delle kurde e dei kurdi pretendono la loro visibilità, il loro posto al centro della storia e della verità dei processi rivoluzionari. Ocalan, con il suo progetto che reclama e pretende democrazia e liberazione, ha lanciato una manciata di sabbia nell ingranaggio neoimperiale. Ha proposto un mondo policentrico nel quale emergesse la ricchezza del nomadismo, la concezione del co-sviluppo, una cooperazione che non fosse ancella dei meccanismi li¬beristi o del colonialismo militare.
Ocalan è stato tradito dall’Europa vigliacca. Perché la Turchia, insieme a Israele, è componente della struttura di comando del¬l’intera area attorno alla quale il governo Usa, dopo la guerra preventiva” all’Iraq, tenterà di costruire il protettorato occidenta¬le. La Turchia, per essere ammessa all’Unione Europea, porta avanti riforme che non toccano le questioni cruciali dello Stato di diritto e della democrazia. La questione kurda non viene nemme¬no affrontata, nonostante i kurdi abbiano, dopo sofferte discus¬sioni al proprio interno, offerto al governo turco una piattaforma democratica molto duttile e ragionevole che punta alla democra¬tizzazione delle complessive strutture istituzionali turche senza mettere in discussione la sopravvivenza di uno Stato unico ed uni¬tario. Forse i kurdi fanno paura perché ancora una volta preten¬dono democrazia per sé e per gli altri, superando ogni autorefe- renzialità, ogni nicchia separatista.
Noi europei, a partire dal parlamento italiano, possiamo fare molto per condizionare in positivo il processo democratico in Turchia, se riusciremo a respingere le pretese degli Usa e della Nato che vogliono l’ingresso nell’Unione europea di una Turchia che è ancora caserma. Possiamo pretendere che lo Stato turco non torturi più prigionieri politici ed oppositori, che non ammazzi piu i kurdi che pretendono liberazione, che dia ad essi diritti civili, politici, sociali. Nelle carceri turche si continua a morire e a lasciarsi morire per protesta; vi sono rinchiusi, secondo il rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d Europa che le ha ispezionate, tredicimila detenuti accusati genericamente di terrorismo o comunque di reati associativi connessi alla militanza politica. Otto su dieci sono accusati di far parte dei movimenti indipendentisti kurdi. Com’è possibile che 1 attuale Turchia, che tuttora disprezza le garanzie democratiche, venga ammessa nell’Ue? Se è vero, come affermano alcuni analisti, che con l’attuale sommovimento politico e governativo è iniziata una transizione, allora bisogna fare della domanda di ammissione 1 occasione per il completamento reale di un processo democratico, ove mai esso fosse iniziato.
Intanto Ocalan, dal carcere speciale nell’isola di Imrali (dove hanno eliminato anche le pecore perché non sentisse i belati, anche gli alberi, perché non sentisse lo stormire delle fronde, per sottrargli ogni sensazione di umanità) scrive: ho voluto esprimere il grido e la realtà di un popolo, il popolo più antico della terra”. Ma l’Europa, vigliacca, non ha voluto ascoltare.
Giovanni Russo Spena
Aria di Montagna
La cosa più bella della rivolta curda sono le donne che si alzano in piedi e prendono la parola, che si mettono sedute e scrivono poesie, che da un avamposto all’altro hanno comandato reparti di uomini, che hanno saltato secoli in una generazione. La cosa più bella della rivolta è la parola curda, la canzone, il manifesto, il vocabolario trasmesso finalmente ad alta voce. Le cose più belle della rivolta curda sono le montagne. Lassù si è fabbricato un popolo di liberi. La sua scuola era tra le rocce, la sua università nella prigione di Diyarbakir. Un uomo in montagna già respira meglio, ma se quell’ossigeno porta con sé pure la condivisione di uno scopo, la fraternità e la resistenza contro i tiranni della pianura, allora quell’uomo respira anche a nome del suo popolo e i suoi polmoni sono riserva per tutti gli altri. Finché ci saranno uomini e donne libere sulle montagne curde, non mancherà l’aria buona agli oppressi di fiato del loro popolo sparso per il mondo. Non mancherà ossigeno al tornitore Faruk in fabbrica a Monaco di Baviera... Nel carcere speciale si è cantato in curdo, e che importa se passano le guardie a ricacciare il canto nelle gole con i bastoni di legno, e i prigionieri cadono e bevono il loro stesso sangue? C’è ossigeno di montagna, in quel sangue.
Non mancherà ossigeno: stupida retorica. Manca invece, in quelli sprofondati in fondo al mare in cerca d uno sbarco su una delle innumerevoli coste d’occidente. Signore, cosi tanti porti e nessuno per me? Così tante spiagge, e nessuna in cui scendere in silenzio in una notte senza luna? Così tante luci sulla costa, e sot¬to nessuna poter leggere un libro? Non c e ossigeno nel container sulla nave, nella cella frigorifera del camion, nossignori, non c è ossigeno sotto il cappuccio ficcato in testa a Ocalan dai suoi aguzzini, dopo che un governo del mio paese l’ha espulso e con breve triangolo l’ha spedito dritto in buca, sotto quel cappuccio.
Li chiamano terroristi, perché preferiscono fare affari con la Turchia. Se gli affari vanno male saranno chiamati terroristi anche i turchi. E’ già successo con l’Afghanistan, con l’Iraq. Fanno finta che si tratti di politica, di sicurezza, ma è solo business. .....
Dino Frisullo
Serhildan: La lunga intifada kurda in Turchia PKK e Terrorismo di Stato 1980-1998
La Citta del Sole
La Citta del Sole Serhildan: La lunga intifada kurda in Turchia PKK e Terrorismo di Stato 1980-1998 Contributi introduttivi di Erri de Luca, Giovanni Russo Spena
Saggi, interventi e testimonianze di: E. Avebury, I. G. Imset, M. Muller, A. Ocalan, L. Zana, H. Dilara, N. Koc, A. Tugluk, Bawer, Shergo e poesie della Resistenza kurda
Rosso: I Colori Del Mondo Storia, Cultura, Condizione e Lotta Dei Popoli E Dei Migranti I
Saggi, interventi e testimonianze di: E. Avebury, I. G. Imset, M. Muller, A. Ocalan, L. Zana, H. Dilara, N. Koc, A. Tugluk, Bawer, Shergo e poesie della Resistenza kurda
La Città del Sole 2003
In copertina: Manifestazione di esuli kurdi in Libano dopo il sequestro di Abdullah Ocalan, 1999. Fonte: Archivio “Serxwebun”.
Dedico questo lavoro al prigioniero d’Imrali, all’anziana donna che assieme a migliaia di esuli lo attese invano in un gelido inverno in quella piazza romana ormai nota come piazza Kurdistan, e al primo bambino o bambina che nascerà in un giorno di primavera in quella terra senza doversi attendere prigione e tortura, e se bambino si chiamerà Azad, Libero, e se bambina si chiamerà Hevi, Speranza.
Le immagini di questo volume sono trate dall’Archivio fotgrafìco “Serxwebun’
Edizioni La Città del Sole® Via Giovanni Ninni, 34 80135 Napoli
ISBN 88-8292-222-7
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Finito di stampare dalle Arti Grafiche “Il Cerchio” - Napoli nel mese di febbraio 2003 per La Città del Sole s.r.l. - Napoli - Tel. 081.4206374