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Iran: Petrolio, violenza, potere


Auteur :
Éditeur : Mazzotta Date & Lieu : 1975, Milano
Préface : Pages : 192
Traduction : ISBN :
Langue : ItalienFormat : 115x190 mm
Code FIKP : Liv. Ita. Gro. Ira. N°942Thème : Général

Iran: Petrolio, violenza, potere

Iran: Petrolio, violenza, potere

Gianaldo Grossi


Mazzotta


"Nuovo Impero Persiano", "Secondo Giappone", "Il quinto Grande": queste e altre le retoriche definizioni dell’Iran d’oggi. Grande cinque volte l’Italia, con trentun milioni di abitanti, questo "nuovo impero" dalla facciata brillante esprime appieno le contraddizioni del capitalismo selvaggio che la rendita petrolifera sta alimentando in molti paesi del cosiddetto Terzo Mondo.
Quali sono i meccanismi di questo sviluppo folle in una società dalla struttura feudale? Quali sbocchi può avere la feroce repressione di un regime che destina alle armi un terzo del reddito? Quali le conseguenze internazionali della " fortuna " di un paese situato fra l’URSS, l’Asia e il Medio Oriente, su un mare di petrolio? A questi e altri interrogativi risponde l’autore in questo appassionante libro.


Gianaldo Grossi, nato nel 1941, è uno studioso dei problemi dello sviluppo e ha lavorato a lungo per un grande ente petrolifero. Collaboratore dell’« Avanti! » e autore de La guerra del petrolio (1974) può solo ora - per vari motivi -rivelare il suo vero nome: Giuseppe Leuzzi.


Indice

I Un paese in boom / 7

II Economia di rendita esterna / 24
1. Ruolo centrale del petrolio / 24
2. Petrolio, energia, economia: improvvisazione e contraddizioni / 29
3. Economia di rendita esterna / 40
Note / 51

III Produttivismo selvaggio, suntuario, estroverso / 68
1. Affarismo / 68
2. L’occupazione cala / 75
3. Vocazione suntuaria / 80
4. Il miracolo all’estero / 84
Note / 89

IV La campagna introvabile / 92
1. Stagnazione e regressione / 92
2. Settore portante / 94
3. La riforma agraria / 96
Note / 105

V Imperialismo straccione / 107
1. Guardiano dell’Occidente / 107
2. Indipendenza nazionale / 115
3. Imperialismo straccione / 122
Note / 131

VI Violenza e autocrazia / 139
1. Modernizzazione e reprcbbiunc / 139
2. Politici cunuchi / 146
3. Dall assolutismo aii auioeidAid / 150
4. Contraddizione interna e opposizione / 153

Note / 158

Appendice / 169



I UN PAESE IN BOOM

«Siamo passati dalla economia dei fabbri a quella degli orologiai svizzeri; siamo usciti dall’orbita del sottosviluppo e adesso dobbiamo calcolare l’angolo col quale fare il nostro impatto nell’atmosfera dei paesi sviluppati. Fra 25 o 30 anni il nostro livello di vita sorpasserà quello del Giappone; la nostra produzione d’acciaio per abitante sorpasserà quella dell’Europa; fra 10 anni sarà piu alta di quella del-l’Urss...» / (Emiro Abbas Hoveyda, primo ministro dell’Iran, a «Le Monde», 4 ottobre 1973)

1 Il paese

Con 1 milione 648 mila chilometri quadrati di superficie e una popolazione stimata per il 1974 in 33 milioni circa di persone, l’Iran risulta un paese poco densamente popolato, con 20 abitanti per chilometro, quadrato. La densità della popolazione è però molto irregolare, in corrispondenza alle diverse condizioni fisiche e climatiche delle varie regioni. In linea generale è piu popolata la parte occidentale, dal Mare Caspio al Golfo (Persico, Arabico, o di Bassora),1 con l’eccezione delle zone montagnose degli Alborz e degli Zagros, mentre la parte orientale è poco popolata. Qui sono più estese le zone desertiche e semi-desertiche, che ricorrono anche nella parte occidentale. Un terzo circa della superficie è desertica, e la metà di essa copre buona parte della regione orientale.

Il litorale del Caspio è una fascia ristretta che corre fra il mare omonimo e i monti Alborz. E costituita dalle province di Gilan e Mazandaran. Ha clima e vegetazione a metà fra il temperato e il tropicale, ed è popolata con una certa continuità, perché è stata tradizionalmente zona di commercio e di pesca. Appena fuori dalla costa, però, fra il litorale e l’altopiano, prevalgono le diffìcili condizioni naturali, che ne fanno una delle zone piu arretrate di tutto l’Iran. Limitato dagli Alborz a nord e dagli Zagros a sud, l’altopiano si estende per gran parte della superficie dell’Iran,2 ad un’altezza variabile fra i mille e i duemila metri. La vegetazione è scarsa, con l’eccezione di alcune zone boscose nella parte occidentale, nel Kurdistan e nel Luristan. Vasti pascoli si trovano nelle province occidentali dell’Azerbaigian e del Kurdistan, e nella parte superiore della provincia centro-meridionale Fars.

La superficie coltivabile è calcolata nel 13 per cento del totale. L’attività agricola è peraltro stata resa in passato — e continua in buona misura ad esserlo tuttora — molto difficile dalla scarsezza delle risorse idriche.3 La superficie coltivabile è inoltre molto frammentata, e ciò ha favorito l’isolamento e l’immobilismo, che caratterizzano tuttora il mondo rurale iraniano.
L’altopiano comprende anche vaste zone a popolazione nomade o seminomade, ad organizzazione tribale. Della consistenza e della fase di evoluzione attuale di questi gruppi, che vivono di pastorizia, poco si sa, anzi ufficialmente il nomadismo sarebbe un fenomeno scomparso. Il potere politico delle tribù è stato ridimensionato e il processo di rapida trasformazione socioeconomica le avrebbe integrate in attività sedentarie. Per quanto di dimensioni ridotte e in via di estinzione,4 tuttavia il nomadismo persiste nei monti Zagros (e in genere nelle zone di montagna) e nelle regioni desertiche orientali.

La distribuzione territoriale della popolazione è quindi molto irregolare, e può assumere valori di densità molto diversi da quello medio generale nelle aree di pastorizia o nelle aree agricole. Negli ultimi decenni un fattore di agglomerazione molto piu importante e più radicale di questi due, legati ai modi di produzione tradizionali, è stato il processo di urbanizzazione. Avviato dalle prime attività a carattere industriale e, soprattutto, dal ritorno dello Stato ad una funzione centrale in tutti gli aspetti della vita del paese, il fenomeno delPurbanizzazione è cresciuto ultimamente ad un ritmo molto elevato (vedi tab. 1 a p. 169, Stime popolazione urbana e popolazione rurale 1900-1972). La capitale, Teheran, che cinquantanni prima era una piccola città cinta da mura, dove la sera si chiudevano le porte, era nel 1973 una città di almeno tre milioni di abitanti, sulla strada per arrivare presto al massimo della sua capacità, calcolata, in ragione della non illimitata disponibilità di acqua, in 5,5 milioni.' La città è stata praticamente rifondata, eliminando di mano in mano ciò che viene relativamente ad invecchiare, con un ritmo molto elevato di attività edilizia (vedi tab. 2 a p. 170), Edilizia privata nelle aree urbane 1968-1973) e in grande disordine. Fra i due censimenti del 1956 e del 1966 la popolazione risulta cresciuta del 36 per cento in tutto il paese, dell’80 per cento a Teheran, e in alcune città più piccole di oltre il 60 per cento. La percentuale della popolazione urbana sul totale era passata dal 31 al 39 per cento e, nel 1972, veniva stimata nel 45 per cento. Il fenomeno è destinato a crescere ulteriormente, oltre che per i motivi già detti, per la decisione governativa di creare per ragioni strategiche alcuni centri marittimi e di sviluppo nel basso Golfo. La popolazione di Bandar Abbas, che ancora negli Anni Sessanta era di qualche migliaio di pescatori, nel 1974 sarebbe stata di 350 mila persone, e in tre anni doveva crescere, secondo le previsioni,6 fino a un milione. Dovrebbero crescere anche Bushir, nell’alto Golfo, come centro commerciale, e Scià Bahar, verso il confine con il Pakistan, come grande base militare, aero-terrestre-navale.

Riproducendo un modulo comune ai paesi arretrati in fase di evoluzione, la popolazione iraniana è molto giovane e cresce con molta rapidità. Circa il 55 per cento dovrebbe avere meno di 20 anni. Se si considera come popolazione attiva quella compresa fra i 15 e i 65 anni, il «rapporto di dipendenza» (ottenuto confrontando la popolazione compresa fra 0 e 14 anni e quella oltre i 65 con la popolazione compresa fra 15 e 64 anni) risultava, in base ai dati del censimento del 1966, quasi uno: una persona era in età attiva e una no (la tab. 7, p. 176, Popolazione, popolazione attiva, economicamente attiva, occupata 1956-1977 dà un rapporto diverso perché vengono considerati in età attiva i ragazzi a partire dal decimo anno di età). Inoltre, in media ogni donna iraniana darebbe alla luce sette figli vivi. Nel 1971 il tasso di natalità è stato stimato in 48 nascite per ogni 1.000 abitanti, e il tasso di mortalità in 16 per ogni 1.000. Ne deriva un tasso di accrescimento demografico del 3,2 per cento l’anno, «che, in assenza di rilevanti movimenti di emigrazione, è uno dei piu alti del mondo. Se questo tasso di accrescimento continuasse, la popolazione iraniana potrebbe raddoppiare ogni 21 anni».7 Il grado di probabilità di queste previsioni è molto elevato, per il fatto che la struttura attuale della popolazione è il risultato di un periodo lungo di elevata fertilità, e quand’anche ci fosse nell’immediato un declino rapido della fertilità gli effetti sull’accrescimento della popolazione si potranno risentire solo dopo che le generazioni attuali abbiano superato il periodo di fecondità.
Il caso è comune a tutti i paesi nei quali il prolungamento della vita media non si accompagna ad una diminuzione della natalità: un tasso di crescita demografica elevato è destinato in ogni caso a perpetuarsi per alcuni decenni. La fecondità delle madri potenziali, fra 0-20 anni, che nel 1971 costituivano in Iran circa il 28 per cento della popolazione, si dispiegherà in ogni modo fino a oltre il duemila.

Nonostante l’altopiano abbia molto amalgamato le numerose popolazioni che l’hanno attraversato, in Iran ancora persiste una discreta eterogeneità etnica. L’influenza unificatrice dell’altopiano si è riflessa soprattutto sull’unità linguistica di fondo: al sistema linguistico persiano fanno capo il persiano moderno, che fa testo per tutto l’Iran, ma anche le lingue locali delle province del Caspio, dei Luristan, del Kurdistan. Permangono tuttavia alcune differenziazioni tribali che, essendo le tribù ancora relativamente unite, sono anche differenziazioni regionali. Fra le tribù più importanti sono i kurdi a occidente, i beluci a oriente, i bakhtiari al centro, i lur nel Luristan e i gruppi a base linguistica turca: i qashqai nella regione Fars, 1 turcomanni Guklan e Yamut nelle regioni di frontiera nord-orientali, gli shahsavan sotto Teheran. Nel Khuzistan, o Arabistan, si trovano alcune tribù arabe, agricole o pastorali. Lo scià Reza condusse una lotta molto decisa per assoggettare definitivamente al potere centrale le tribù, tradizionalmente riottose. Ma ancora nel 1963 una rivolta dei qashqai fu domata a prezzo di numerose migliaia di morti.

La religione prevalente è l’islamismo nell’accezione sciita. Due città iraniane, Mashad e Qum, sono luoghi santi della comunità islamica sciita, per essere rispettivamente il luogo di sepoltura di Reza, l’ottavo dei dodici iman eredi del Profeta, e di sua figlia Fatima. Kurdi, turchi e beluci sono invece prevalentamente musulmani sunniti. Gli armeni, circa centomila, sono cristiani. Circa cinquantamila sono gli ebrei. Esiste ancora un piccolo numero di zoroastriani, che non supererebbero i diecimila. L’islamismo praticato si riscontra ormai solo nella popolazione povera o relativamente povera, e ciò ha portato il clero ad allinearsi prevalentemente con il popolo e contro il potere, modernizzante e autocratico. Un atteggiamento originale, anche se in politica si esprime indifferenziatamente con prese di posizione dall’estrema destra all’estrema sinistra.



2 II boom

«Secondo le nostre previsioni, nel 1985 la popolazione dell’Iran sarà di 45 milioni di abitanti e il prodotto nazionale lordo, che attualmente è di 41 miliardi di dollari, arriverà a circa 190 miliardi. Il reddito per abitante, che è attualmente di 1.200 dollari, passerà a 4.500 dollari. Il commercio con l’estero passerà da 10 miliardi di dollari a 40 miliardi. La capacità dei porti, attualmente di 8 milioni di tonnellate, dovrebbe arrivare a 20 milioni. La produzione di acciaio ammonterà a 20 milioni di tonnellate l’anno, quella dell’alluminio a un milione di tonnellate, il rame e i suoi derivati daranno redditi per un miliardo di dollari; la produzione di autovetture sarà di un milione di unità l’anno, quella di televisori di tre milioni di unità, quella della carta di un milione di tonnellate, i prodotti petrolchimici forniranno entrate per sette miliardi di dollari, ecc.».

Pur prendendole con la cautela dovuta verso tutte le cifre iraniane," le previsioni del primo ministro Abbas Hoveyda' sono non solo grandiose, ma in certa misura verosimili. Volendo adottare i metodi semplificatori dei governanti iraniani, potremmo perfino amplificare il loro ottimismo di scuderia: partendo dal rapporto fra entrate petrolifere e prodotto nazionale lordo, che nel 1974 è stato praticamente di 0,5 (vedi tab. 3 a p. 171, Principali indicatori economici 1961-1974), e ritenendo ferme tutte le altre componenti della produzione e nulli gli effetti moltiplicatori dello stesso settore petrolifero, con un rapporto fra capitale e prodotto di 2,5, il prodotto nazionale lordo dovrebbe aumentare, per il solo effetto dell’investimento delle sole entrate petrolifere, di 25 milioni di dollari ogni anno (con un rapporto di 3,0 l’aumento dovrebbe essere di 30 milioni), arrivando in otto anni a sei (sette) volte quello del 1974.

Le cifre della crescita dell’economia iraniana, elevate negli ultimi anni, hanno prospettive eccezionali dopo la revisione dei piani consentita dall’aumento delle entrate ...

 


Gianaldo Grossi

Iran: Petrolio, violenza, potere

Mazzotta

Gabriele Mazzotta
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