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Quaderni di Oriente Moderno


Auteur :
Éditeur : Istituto per l’Oriente C. A. Nallino Date & Lieu : 2008-01-01, Roma
Préface : Pages : 200
Traduction : ISBN :
Langue : ItalienFormat : 155x235 mm
Code FIKP : Liv. Ita. Gal. Med. 2986Thème : Général

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Quaderni di Oriente Moderno

Oriente Moderno

Mirella Galletti

Istituto per l’Oriente C. A. Nallino


During thè last few centuries, thè orientai lands have been thè focus of ar- tention of visitors and explorers from Muslim and European countries. For politicai and geographical reasons, Iran has always fascinated thè visitors. The Iranian road and trade networks, have contributed effectively to thè lame of Iran. Muslims and also some other travellers usually chose sea routes, but Euro- peans preferred land routes. The traditional routes were as follows:

1. The western route: through Moscow, Constantinople, Alexandria thè Red Sea, or in



Mirella Galletti

INTRODUZIONE

Questa miscellanea di studi propone i profili di alcuni italiani, spesso sconosciuti in Patria, ma rappresentativi soprattutto del periodo risorgimentale. Sono microstorie significative, spesso difficili da ricostruire, che gettano luce negli anfratti di relazioni non sempre lineari e che rappresentano le tessere di un mosaico molto più ampio e articolato.
Vengono delineati l’apporto di figure significative e l’ambito storico in cui si collocano quegli italiani che hanno operato principalmente nel mondo ottomano e persiano, oltre che nell'area egiziana. Si tratta soprattutto di professionisti (medici, militari, diplomatici), musicisti, missionari, semplici artigiani, avventurieri, che sono vissuti per periodi più o meno lunghi in queste aree ed hanno costituito dei tasselli per la conoscenza reciproca.

Ci è sembrato opportuno, in un periodo storico in cui alcuni autori teorizzano lo scontro di civiltà, delineare un ponte, favorire i contatti e il dialogo tra le varie componenti delle società e civiltà che confluiscono nel mare Mediterraneo. Con la presentazione di queste biografìe intendiamo mostrare l’interagire tra i popoli e le dinamiche storiche, apportare nuove conoscenze e contestualizzare l’attività di numerosi italiani all’estero. Si tratta di personaggi le cui vicende spesso sono inedite o poco note, ma essi hanno lasciato una traccia duratura. È stato quindi compiuto un approfondito lavoro d’archivio in diversi Paesi dove questi personaggi hanno operato.

Sono studi diversi nell'approccio e nello sviluppo, ma ciascuno apportante un contributo al tema generale che necessita ancora innumerevoli ricerche. Gli autori sono stati invitati in base alle loro competenze specifiche, per l’impegno spesso solitario nella ricostruzione di biografie ed eventi lontano dai riflettori. L’origine italiana e la presenza in terra d’IsIam sono il comune denominatore dei personaggi considerati. Mi sono dedicata per un lungo periodo alla ricerca dei dati anagrafici e a ricomporre la vita di Alessandro De Bianchi, patriota mantovano al servizio dell’esercito ottomano.

Questi studi costituiscono un contributo alla conoscenza dell’opera compiuta da alcuni italiani in paesi del mondo islamico. Le relazioni sono presentate in base all’area: Egitto, Impero Ottomano e Persia. Le tematiche vanno intese come tipologia, non sempre positiva, dell’intervento italiano nei Paesi del Vicino e Medio Oriente. Si fornisce un quadro indicativo dell’importanza e deH’incidenza del lavoro professionale italiano “al servizio” o “in servizio” a questi Paesi.

Il preambolo della presente raccolta di saggi verte su Marco Polo, antesignano dei mercanti viaggiatori medievali e osservatore in Iran, al cui riguardo interviene Maryam Mir-Ahmadi, storica e studiosa di questo argomento, autrice di numerose pubblicazioni sulla letteratura di viaggio persiana. Ella analizza le informazioni di prima mano del veneziano sulla geografia storica, sulla situazione delle città e di alcune tribù dell’Iran e che ancora oggi sorprendono per l’accuratezza delle notizie, aprendo così nuove prospettive alla ricerca scientifica. Scandaglia le poche pagine del Milione dedicate all’Iran (30-44, 199), e queste descrizioni ne chiariscono molti aspetti della storia e della vita sociale. Maryam Mir- Ahmadi compara le notizie date da Marco Polo sulle diverse popolazioni, religioni, risorse con fonti coeve che spesso trovano riscontro nella realtà attuale. È un uomo razionale, curioso, alla ricerca della verità. Emergono le sue conoscenze sui battelli quando segnala gli errori di costruzione autoctoni.

Segue un quadro generale dettagliato della presenza missionaria in Georgia nel XVII secolo. Pietro Della Valle viaggiatore e orientalista romano (1586- 1652) era in corrispondenza con i missionari teatini Pietro Avitabile e Giacomo Di Stefano, come delinea il padre agostiniano Carlos Alonso, che per decenni ha condotto ricerche sui teatini in Georgia e sugli agostiniani in Persia negli archivi Vaticano, di Propaganda Fide e spagnoli. La Georgia fu assegnata ai teatini come campo di missione. Nel 1628 vi giunsero i primi missionari e alla fine del secolo la missione fu chiusa.

La presenza teatina fu breve ma diede risultati duraturi, soprattutto per gli studi linguistici. Il primo dizionario georgiano fu edito (1629) da p. Stefano Pao- lini.1 Il teatino Antonio Giardina scrisse una grammatica rimasta inedita, della quale si servì poi il confratello palermitano p. Francesco Maria Maggio (1612- 1686) che pubblicò nel 1643 la prima grammatica georgiana.2 La sua attività fu così delineata da Michele Amari: «[...] missionario, il quale, dopo otto anni di peregrinazione in Siria, Persia, Mesopotamia, Armenia, Georgia, tornò a Roma pratichissimo dell’idioma arabico al par che del turco e del georgiano; tanto che ne scrisse le grammatiche parallele, dedicate al papa Urbano ottavo».3
Pietro Avitabile, Prefetto della missione, fece presente la necessità di avere un collegio ove istruire giovani georgiani inclini al sacerdozio, nacque così il Collegio internazionale, detto poi Urbaniano perché eretto nel 1641 dal papa Urbano VIII.

II XIX secolo rappresenta il periodo centrale di questa rassegna storica e biografica. Molti italiani che durante il Risorgimento dovettero abbandonare la penisola trovarono rifugio nei paesi islamici, in particolare neirimpero Ottomano e in Persia.4 Circa l’emigrazione italiana all’estero durante il Risorgimento, lo sbocco in paesi del mondo islamico risulta quello meno studiato finora. II nucleo centrale degli interventi riguarda i patrioti italiani che nella prima metà dell’Ottocento dovettero abbandonare la penisola e come ufficiali misero le proprie conoscenze tecnico militari al servizio dell’Impero Ottomano e della Persia per l’ammodernamento dei rispettivi eserciti.

La Persia, stretta tra le mire egemoniche russe e britanniche, e tra rivolte interne e conflitti territoriali, con la salita al potere della dinastia dei Qagiari alla fine del XVIII secolo, avvia la modernizzazione dello Stato, di cui un esercito riformato secondo modelli europei rappresenta la pietra angolare. Gli istruttori sono francesi, italiani, austriaci, provengono cioè da paesi che non hanno interessi politici significativi nella regione; questi istruttori sono reclutati a titolo individualeo più spesso tramite Legazioni di Persia all’estero. Gli italiani non sono inquadrati e sostenuti da uno stato, e non sono cittadini di un paese definito. Gli ufficiali che vengono istruiti su modello europeo formeranno un nucleo consistente delle élites nazionali coinvolte nella costruzione dello stato moderno.

Angelo Michele Piemontese, persianista, delinea un vasto quadro dell’emigrazione italiana in Persia, e indaga la storia delle relazioni diplomatiche e culturali tra Italia e Iran.5 Si rifugiano in questo paese militi ed esuli per motivi politicomilitari, e numerosi provengono dal Regno delle Due Sicilie. I loro apporti militari e civili configurano la presenza italiana più significativa fino agli inizi del XX secolo. La situazione interna è molto complessa anche per l’ingerenza russa e britannica.

Tra alcune decine di italiani che esercitano un’attività in Persia, emergono le figure di F. Colombari, forse piemontese (m. ca 1863), etnografo erudito, pittore, giunto come ufficiale di genio austriaco. Il napoletano Luigi Pesce (1827- 1864), capitano istruttore della regia fanteria, ha compiuto i primi rilievi fotografici del sito archeologico di Persepoli e altri altri monumenti. Egli fu uno tra i primi europei che hanno introdotto la tecnica fotografica in Iran. Focchetti, bolognese secondo alcuni scritti coevi, insegnò fisica e chimica al Politecnico di Teheran. Da mie ricerche compiute negli archivi di Bologna è emerso che nell’Ottocento con tale cognome Focchetti/Fochetti nessun residente risulta all’ana- grafe o al fonte battesimale.6 Focchetti non è un cognome bolognese, ma nuclei di Fochetti sono presenti nell’area modenese (Vignola, Spilamberto, Castelfranco Emilia) al confine con la provincia bolognese. Centri che facevano parte del ducato di Modena.

Di grande l’interesse la ricostruzione della presenza di Giuseppe Garibaldi (1807-1882) a Costantinopoli dal 1828 al 1831, elaborata dalla discendente An- nita Garibaldi. È un periodo sul quale i biografi non si sono soffermati, mentre è importante per la formazione del giovane marittimo. Fu ricoverato nell’ospedale ligure, successivamente svolse l’attività di educatore presso un’importante famiglia italiana.

La scuola musicale italiana, molto apprezzata dal XVII-XVIII secolo nei Paesi europei, si estende verso la corte ottomana, dove operò del musicista bergamasco Giuseppe Donizetti (1788-1856), fratello meno noto del celebre Gaetano. Ne delinea l’attività Mario Casari. Già soldato nell’esercito napoleonico, Giuseppe Donizetti fu scelto quale maestro di musica nella capitale ottomana, anche su indicazione del su menzionato Giovanni Timoteo Calosso. Giunto a Costantinopoli (1827), Giuseppe Donizetti diresse le bande musicali e la scuola di musica di corte. Insegnò la musica al sultano e ai membri della famiglia imperiale. Organizzò concerti a corte e compose numerose marce, tra cui il primo inno nazionale ottomano. Soprattutto egli viene ricordato perché introdusse nel mondo culturale turco la notazione musicale della tradizione europea.

Nel XIX secolo, il processo di modernizzazione che puntava alla riorganizzazione dello stato e della società passò per la riforma dell’esercito. Ciò è evidente nell’Impero Ottomano, in Persia, e fu concomitante nei paesi del sud del Mediterraneo, con un gioco complesso di fattori interni e internazionali. Questi movimenti riformatori erano percepiti come una duplice minaccia, contro i privilegi delle classi al potere e come un attentato alla religione per l’introduzione di misure di occidentalizzazione. Le figure significative sono numerose e ne segnaliamo solo alcune.

Nell’Impero Ottomano emerge il piemontese Giovanni Timoteo Calosso (n. 1789). Ufficiale nell’esercito napoleonico (1806-1814), approdò a Costantinopoli dove fu assunto come maestro d’equitazione. Visse alla corte ottomana (1826-1843), dove raggiunse elevate posizioni di prestigio. Divenne intimo consigliere militare e diplomatico del sultano Mahmud II, e ne influenzò le scelte. Come capo-istruttore della cavalleria col nome di Riistem bey, egli influenzò la formazione intellettuale ed ideologica di molti suoi allievi; inoltre riformò l’esercito ottomano che su sua indicazione adottò l’ordinamento francese di cavalleria. 7 Tornato definitivamente in Italia pubblicò un importante memoriale.8

Negli anni trenta, Ahmad bey formò un esercito regolare in Tunisia,9 dove ebbe un grande rilievo Luigi Calligaris, piemontese (1808 ?-1870), patriota, ufficiale dell’esercito ottomano, poi istruttore delle truppe tunisine (1834-1861). Tornato in Italia nel 1861, egli fu docente di arabo presso l’università di Torino e si adoperò attivamente per la diffusione degli studi orientalistici e per quelli di lingua araba. Sosteneva la necessità di «creare in tutte le scuole tecniche una cattedra di elementi di lingue orientali».10

Mirella Galletti ricostruisce la vita di tre emigrati: Alessandro De Bianchi, Gennaro Simini e Carlo Chiari. Il mantovano Alessandro De Bianchi (1831- 1902) fu ufficiale dell’esercito ottomano (1855-1858) e viaggiò in Armenia, La- zistan e Kurdistan. Tornato in Italia, pubblicò un libro molto interessante su queste regioni. Nella prefazione del suo libro, rileva che il popolo turco «accolse amorevolmente i profughi del dispotismo di tutte parti d'Europa, e d’un governo [ottomano], che alle domande di estradizione rispose col chiamare sotto le armi trecentomila soldati; oltrecchè i Mussulmani costituiscono una società che nulla ha di comune col resto della popolazione, che dall'Europa accorse a stabilirsi nelle loro terre».11 Garibaldino, partecipò a tutte le fasi dell’unificazione italiana.

Gennaro Simini (1812-1880) era un patriota leccese che, dopo i folliti moti del 1848, si rifugiò a Scutari, in Albania, dove esercitò la professione medica fino alla morte (1880). Era mazziniano, in corrispondenza con l’esule genovese e fu tra gli esponenti del movimento autonomista albanese. Uno spaccato della vita degli esuli italiani e della società albanese emerge dal memoriale scritto dal figlio, conservato nell’archivio di famiglia, e dalla tradizione orale tramandata dai discendenti.

Carlo Chiari (1874-1958) era originario di Bondeno e all’età di quattro anni con la famiglia si trasferì a Ferrara, motivo per il quale si definiva ferrarese. La sua figura ha tratti ambigui. Giunse in Persia come missionario a Urmia (1898), poi fu assunto come funzionario delle dogane a Sinna (Sanandaj) e visse una quarantina d’anni in Persia. Tornò in Italia allo scoppio della seconda guerra mondiale.

In questi paesi islamici la modernizzazione militare si inscrive nel quadro delle riforme strutturali più vaste che portano alla costruzione di uno stato poi riformato, autocratico, nazionale e centrale. Lo sviluppo di un esercito moderno porta a un sistema sviluppato di insegnamenti generali e tecnici (scuole, stampa, case editrici) e costituisce il primo atto della modernizzazione della società nel suo insieme.12

L’intervento tecnico più propriamente civile è ben rappresentato in questo volume con una vasta gamma di artigiani, artisti e medici. Al riguardo dell’interazione tra Italia e Impero Ottomano sul piano della ricerca scientifica, vorrei citare il sacerdote emiliano Lazzaro Spallanzani (1729-1799), docente di storia naturale all’Università di Pavia, che nel 1785 ottenne un anno di congedo dall’insegnamento,  da trascorrere a Costantinopoli, per proseguire senza problemi e in gran segreto audaci esperimenti sulla fecondazione artificiale sugli animali.13

Infine sono presentate le biografie del gruppo, più variegato, costituito da artigiani, musicisti, funzionari, personale sanitario (medici, farmacisti, ostetriche) vissuti nell’Ottocento e prima metà del Novecento. I medici hanno sempre costituito un gruppo consistente nella trasmissione del sapere e una presenza fattiva nel mondo islamico. Due relazioni mettono in rilievo l’attività di medici e personale paramedico a Costantinopoli e al Cairo, le due metropoli del Mediterraneo orientale.

Per tradizione medioevale la presenza italiana a Costantinopoli è concentrata a Galata. Dei libri di medicina pubblicati in Italia furono tradotti in turco. La signora Messani era a capo delle ostetriche della scuola medica e morì a Costantinopoli nel 1851. Dopo l’unità italiana aumentò il flusso di personale sanitario nella capitale ottomana. Tra le figure, anche istituzionali più rilevanti, emergono Gerolamo Castaldi (m. 1890) ispettore generale a Beirut, delegato sanitario dell’Impero Ottomano a Teheran e poi a Alessandria, che scrisse numerosi rapporti sulla rivista Gazette Medicale d’Orìent, e Giovanni Battista Violi (1849-1928), modenese, fondatore del primo ospedale pediatrico nell'Impero Ottomano (1895), dove visse per mezzo secolo. Il contributo sul personale sanitario a Istanbul è di Ye$im I$il Ulman docente di «Storia della medicina ed etica» a Istanbul e specialista di storia della modernizzazione della medicina e delle scienze in Turchia nel XIX secolo.

Un altro caso di non riscontro dei dati concerne Gerolamo Castaldi, medico nell’Impero Ottomano, che sarebbe deceduto a Parma nel 1890 secondo quanto riportato nel necrologio istanbuliota,14 dato non registrato dall’anagrafe parmense. 15 L’incertezza del luogo natale è un problema comune a molti personaggi risorgimentali che, esuli in terre lontane, talora affermavano di essere originari di area diversa da quella nativa per motivi di sicurezza, per convenienza o per depistare l’interlocutore. Sarebbero necessarie ricerche negli archivi locali per reperire documenti utili a definire le biografie dei personaggi delineati.

L’ambasciatore Luca Biolato, già ministro plenipotenziario del Ministero degli Affari Esteri per i paesi dell'Est, e dal 2004 Segretario generale della commissione nazionale italiana per l'Unesco, ha pubblicato di recente un libro di oltre mille pagine sui fondatori delle poste egiziane: due livornesi, di cui uno esule politico, e un bolognese. Questo libro di Biolato è il frutto di annose ricerche. Il fondatore Michele Meratti (1796-1842), al quale succedettero Tito Chini (m. 1864) e poi Giacomo Muzzi (1821-1898), diede vita al servizio privato postale egiziano che prese il nome «Posta Europea». Il successo di questo servizio indusse il governo egiziano ad avocare a sé questa iniziativa privata (1864), e da allora comincia la storia della posta egiziana moderna.

Da rilevare è la figura di Amalia Sola Nizzoli, nata a Livorno nel 1805 e vissuta dal 1819 al 1828 in Egitto. Scrisse un libro di memorie sulla donna orientale e suH’harem.16 Fa parte della tipologia delle donne che si spostano con un gruppo familiare, al seguito dei genitori o del marito. Con la famiglia aveva raggiunto lo zio paterno Filiberto Marucchi, di Moncalieri, medico di corte essendo il protomedico personale del Defterdar Bey, Gran Tesoriere di Muhammad cAlI. Era interessato all’archeologia e svolgeva scavi. I genitori di Amalia, di origine torinese, si erano trasferiti nel Granducato di Toscana quando i Francesi erano arrivati a Torino. Il padre esercitava la professione di medico e medico era anche il cugino di Amalia, Giacomo, figlio del Marucchi, che li accompagnò durante il loro viaggio in Egitto e che si era laureato in medicina all’Università di Pisa.17

Amalia Sola Nizzoli sposò nel Cairo (1820) Giuseppe Nizzoli, nato a Modena ma in rapporti con il mondo triestino, Cancelliere del consolato austriaco in Egitto, al Cairo e ad Alessandria e noto raccoglitore e mercante di antichità. La coppia svolse un ruolo importante nell’Egitto dell’epoca « nel momento in cui in Europa si formavano le grandi collezioni egittologiche a cui Giuseppe Nizzoli ha dato un contributo notevolissimo (a lui si devono tre raccolte che sono poi finite, direttamente o indirettamente, nei musei di Vienna, Firenze e Bologna)».18 Per motivi di salute i coniugi con la fìglioletta lasciarono il Paese nel 1828.

Nel 1829 giunse in Egitto il bolognese Giuseppe Ferlini (1797-1870), medico, avventuriero, che venne subito reclutato dall’esercito impegnato nella conquista del Sudan. L’anno seguente fu destinato al Sudan con la nomina di medico maggiore. Trasferito a Khartum, Ferlini maturò l’idea di cercare reperti archeologici o tesori nascosti nel territorio dell’antica Meroe. Nel 1834 ottenne un permesso che gli consentiva gli scavi e gli assicurava la collaborazione delle autorità locali. Nella necropoli di Meroe scoprì un tesoro e reperti archeologici che portò in Italia. Nel 1837 fu pubblicato un catalogo dei repeni19 e scrisse le proprie memorie.20

La presenza di numerosi medici in Egitto è anestata da numerose testimonianze e ricerche. Aldo Prinzivalli, già primario ospedaliero, tratta questo argomento, che si estende fino al XX secolo e conclude la nostra rassegna.

Gli studi presentati in questo libro mostrano la rilevanza del contributo di emigrati italiani nelle aree ed epoche considerate. Attraverso questa prima proposta, di necessità parziale, si è voluto indicare una prospettiva della ricerca concernente l’interazione storica tra le culture italiana, europea, e islamica. L’intensificazione augurabile delle ricerche documentali negli archivi storici dei diversi paesi legati a questo processo potrà portare nuova luce, oltre che sulle vicende, persone e circostanze che qui sono state trattate quali esempi significativi, anche sui numerosi altri casi che ancora attendono di riaffiorare, inseriti in una complessiva cornice della storia delle relazioni.

Quasi tutti i contributi della presente miscellanea di studi furono già presentati come relazioni a uno degli “Incontri orientalistici dell’Istituto Venezia e l’Oriente”, vertente sul tema, accolto dal prof. Alfredo Cadonna, allora Direttore di questo Istituto, su mia proposta: Arti e mestieri italiani nel mondo islamico. Mercanti, militari, medici, missionari, artigiani, artisti, esuli, sultane e avventurieri dal XVI al XX secolo, Fondazione Giorgio Cini Onlus, Istituto “Venezia e l’Oriente”, Isola di San Giorgio Maggiore-Venezia (13-14 ottobre 2005).21

1 — Cfr. S. Paolini, Dittionario georgiano e italiano, composto da Stefano Paolini con l’aiuto del M.R.P.D. Nicephoro Erbachi Georgiano monaco di S. Basilio. Ad uso de’ missionarii della Sagra Congregatane de Propaganda Fide, In Roma, Nella Stampa della Sagra Congr. de Propaganda Fide, 1629; P. M. Tarchnisvili, Geschichte der Kirchlichen georgischen Literatur, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1955, p. 49-50.

2 - Cfr. F. M. Maggio, Syntagmaton linguarum orientalium quae in Georgiae regionibus audiun- tur liber primus complectens Georgianae, seu Ibericae vulgaris linguae institutiones grammaticas \- liber secundus complectens Arabum et Turcarum orthographiam ac Turcicae linguae institutiones, Romae, ex typographia sacrae Congregationis de Propaganda Fide, 1643, voli. 2. Si veda anche M. Li Puma, “The Turkish grammars by Francesco Maria Maggio Theatine missionary in Georgia (1636-1641)”, Eurasian Studies (IV, 2005), p. 245-259.

3 - M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, Seconda edizione modificata e accresciuta dall’autore; con note a cura di C. A. Nallino, Catania, Prampolini, voi. I, 1933, p. 5.

4 — Cfr. A. M. Piemontese, “Gli ufficiali italiani al servizio della Persia nel XIX secolo, in Garibaldi, Mazzini e il Risorgimento nel risveglio dell'Asia e dell’Africa, a cura di G. Borsa e P. Beonio Brocchieri, Milano, F. Angeli 1984, p. 65-130.

5 - Nell'ampia bibliografica di questo prolifico studioso, si segnala uno degli ultimi studi Angelo Michele Piemontese, “Lettere tra i Papi e i Re di Persia (1874-1922)”, Dall’Archivio Segreto Vaticano. Miscellanea di testi, saggi e inventari, (Collectanea Archivi Vaticani 62), Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, II, 2007, p. 385-462.
6 - Anagrafe storica del Comune di Bologna, Archivio generale arcivescovile di Bologna. Focchetti/Fochetti non risulta nelle schede biografiche dell’Archiginnasio e neppure nella lista dei “compromessi politici”, consultata nella Biblioteca del Risorgimento della città felsinea.

7 — E. de Leone, «Calosso, Giovanni Timoteo (Rustem bey)», Dizionario Biografico degli Italiani, 16, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana 1973, p. 812-814.

8 - G. T. Calosso, Memoires d'un vieux soldat, Turin, Gianini et Fiore, Nice, Impri. Societé ty- pographique, 1857, p. 307.

9- O. Moreau, “La Réforme par le haut: experimentation de la réforme de l’armée dans le monde musulman méditerranéen”, Oriente Moderno-, n.s. XXIII (LXXXIV), 5 (2004), p. 126.

10 - L. Calligaris, Il nuovo Erpenio, ossia Corso teorico-pratico di lingua araba nel quale con metodo affatto nuovo, facile e progressivo, ai principìi della lingua correttamente scritta si aggiungono le pratiche della lingua parlata dalla gente colta nelle varie regioni di Asia e Africa, Torino, Tip. Derossi e Dusso 1863, p. 108. Id., Le compagnone de tous, ou, dictionnairepolyglotte..., Turin, H. Dalmazzo 1864, p. 662, 116, 364. E. de Leone, «Calligaris, Luigi», Dizionario Biografico degli Italiani, 16, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana 1973, p. 753-754.

11 - A. De Bianchi, Viaggi in Armenia, Kurdistàn e Lazistàn, Milano, Gareffi già Bonìotti, 1863, p. XII.

12 - A Karvar, “La réforme de l’Etat et la modernisation de l’armée persane au 19e sìède: un processus inachevé”, Oriente Moderno, n.s. XXIII (LXXXIV), 5 (2004), p. 74. L’autore non cita alcun ufficiale italiano al servizio dell’esercito persiano nel XIX secolo.

13-Cfr. P. Mazzarello,Costantinopoli 1786: la congiura e la beffa. L'intrigo Spallanzani, Torino, Bollati Boringhieri 2004, p. 327.

14 - Nécrologie, «Gazette Médical d’Orient», XXXIII, 3,15 Avril 1890, p. 46.

15 - Il nome e il decesso non sono registrati negli anni 1889-1890-1891 nell’Archivio Storico Comunale di Parma e dei comuni della provincia parmense.

16-Amalia Nizzoli, Memorie sull'Egitto e specialmente sui costumi delle donne orientali e gli harem scritte durante il suo soggiorno in quel paese (1819-1828), Milano, Pirotta & C., 1841, p. XVII, 398. Ead., Memorie sull'Egitto e specialmente sui costumi delle donne orientali e gli harem scritte durante il suo soggiorno in quel paese (1819-1828), a cura di Sergio Pernigotti, Napoli, l’Elleboro, 1996, p. 213.

17 - S. Pernigotti, “Amalia Nizzoli e le sue “Memorie sull’Egitto”, Aegyptiaca Bononiensia, I (1991), p. 5. In anni recenti sono uscite analisi sull’attività di Amalia Sola Nizzoli. Cfr. L. Gabrielli, “Amalia Nizzoli: nuovi documenti per una biografia”, Ricerche di Egittologia e di Antichità Copte, 1 (1999), p. 55-75. Si veda anche Barbara Spackman, “Detourism: Orienting Italy in Amalia Nizzoli’s «Memorie sull’Egitto»”, The Italianist, voi. XXV, n. 1 (2005), p. 35-54; R. Ricorda, “Scrittrici di viaggio e rappresentanze di costume nell’Ottocento italiano”, in L'immagine del quotidiano. Letteratura di costume e pittura di genere tra '700 e '800, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2000, p. 241.

18-S. Pernigotti, “Rassegne, schede bibliografiche e recensioni”, Papyrologica, n. 11 (2002), p. 260. La vita di Giuseppe Nizzoli è ricostruita su materiale d’archivio da S. Daris, Giuseppe Nizzoli. Un impiegato consolare austriaco nel Levante agli albori dell’Egittologia, Napoli, Grause- ditore, 2005, p. 152.

19 — C. Pancaldi, Cenno intorno la raccolta di cose etiopi-egizie portate dalia Nubia in patria dal medico Giuseppe Ferlini bolognese, Bologna, Tip. della volpe al Sassi, 1836, p. 21; Giuseppe Ferlini, Cenno sugli scavi operati nella Nubia e catalogo degli oggetti ritrovati dal Dott. Giuseppe Ferlini, Bologna, Tip. Nobili e Comp., 1837, p. XXI, 17.

20 - G. Ferlini, Nell’interno dell’Affrica 1829-1835, a cura di Walter Boldrini, Bologna, Ponte Nuovo Editrice, 1981, p. LXVIII, 269.

21 - Pubblicarono in altre sedi le proprie relazioni: C. Longo, “I domenicani nell’Impero Persiano. Frati armeni e missionari italiani”, Studi sull'Oriente Cristiano, voi. 11, n. 1 (2007), p. 35-78, e G. E. Carretto, “Sultane ottomane fra leggenda e realtà”, Kervan. Rivista intemazionale di studii afroasiatici, n. 4/5 (luglio 2006 - gennaio 2007), p. 19-28, sul sito web: www. kervan.unito.it.



Maryam Mir-Ahmadi
(“Az-Zahrà” University, Tehran)

Marco Polo in Iran

Historical Background
During thè last few centuries, thè orientai lands have been thè focus of ar- tention of visitors and explorers from Muslim and European countries. For politicai and geographical reasons, Iran has always fascinated thè visitors. The Iranian road and trade networks, have contributed effectively to thè lame of Iran. Muslims and also some other travellers usually chose sea routes, but Euro- peans preferred land routes. The traditional routes were as follows:

1. The western route: through Moscow, Constantinople, Alexandria thè Red Sea, or in thè most southern territories through thè Cape of Good Hope, which was thè longest.

2. The Moscow route: from Moscow to thè Caspian Sea, to thè Iranian plateau.

3. The road of Constantinople which connected this city to thè heart of Iran and usually continued through Anatolia and Mengerlie (South of thè Black Sea). This route was preferred to thè others because it was shorter. Travellers could enter Iran through Tookat, Ankara and Baghdad.

People travelled to Iran for various reasons. Some braved thè difficulties out of personal curiosity, others for politicai reasons. Diplomatic missions were not accompanied by safe immunity. Yet those people enjoyed provisions, housing and certain other fàcilities on their way. There were also religious missionaries whose number increased from thè I6th century. Single people tried to travel with diplomatic functionaries and religious missionaries in order to be safer along thè route. Gradually, researchers and scholars added to thè group of travellers.

Among thè travellers, merchants and businessmen constituted a large group and could establish relations and introduce Iran to Europeans.

The average duration of stay of those travellers and interested parties varied. They generally stayed for a few months, but considering thè circumstances of thè time, they were sometimes obliged to stay for years. The outcome of such journeys, particularly thè long ones, were travel diaries which constitute a valu- able historical document. As far as geographical and historical research is con- cerned, they are thè best sources.

During thè first few centuries after thè advent of Islam, most explorers of Muslim territories visited Iran as well, which resulted in thè publication of many books. Iranians also showed a lot of interest in writing travel diaries. Some good ...

 




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