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I Kurdi da tribalismo a nazionalismo


Auteur :
Éditeur : Campanotto Editore Date & Lieu : 1994, Pasian di Prato
Préface : Pages : 160
Traduction : ISBN :
Langue : ItalienFormat : 165x230 mm
Code FIKP : Liv. Ita. Nag. Kur. N° 2831Thème : Sociologie

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I Kurdi da tribalismo a nazionalismo

I Kurdi da tribalismo a nazionalismo

Khasraw A.R. Nagm

Campanotto Editore

Finalmente un saggio storico, frutto di una ricerca seria e rigorosa nella scelta, analisi e indicazione delle fonti che dà un quadro chiaro della società kurda, nel periodo contemporaneo compreso tra il 1850 e il 1930 circa.
Il libro permette di capire i fattori storico-culturali che possono spiegare le immagini che dei Kurdi l’attualità della cronaca giornalistica ha reso familiari: sterminio, fuga, resistenza armata. L’attenta ricostruzione storica si sforza di fornire un’immagine completa sotto l’aspetto sociale, politico, economico, religioso e culturale dell’organizzazione sociale tradizionale della società kurda: quella tribale, correlata in armonia con le strutture religiose di tipo musulmano-sunnita ed aperta con le confraternite.
Il saggio spiega così il come e il perché l’affermarsi di leaders politico-religiosi, quali gli Shaikh e la natura, la forza e le debolezze delle innumerevoli rivolte kurde per l’indipendenza in un Kurdistan ambito e conteso tra potenze regionali ottomana e persiana, potenze occidentali europee e poi tra gli Stati “nazionali” nati dopo la prima guerra mondiale sulle ceneri dei vecchi imperi. Viene così delineato in modo esauriente il panorama sociale e storico che diede vita ad un vitale nazionalismo kurdo, movimento di reazione popolare al timore di essere fisicamente fagocitati ed eliminati dal nazionalismo esasperato delle popolazioni limitrofe o conviventi.
Il quesito che si pone l’autore è, se non fossero nati, un movimento nazionalista e una conseguente guerriglia armata, i Kurdi oggi probabilmente sarebbero stati integrati con le popolazioni vicine o eliminati come gli Armeni dalle proprie terre d’origine.


Khasraw AbdulRahim Nagm è nato nel 1959 nella città di Sulaymaniya nel Kurdistan dell’Iraq dove ha vissuto fino a vent’anni frequentando le scuole locali fino al diploma di maturità. Ha condiviso con il suo popolo, la repressione della dittatura dei nazionalisti arabi del partito Baath e la difficile resistenza del mondo kurdo. Giunto in Italia nel 1985 per proseguire i suoi studi, si è poi laureato in Scienze Politiche presso l’università di Trieste con una tesi sul nazionalismo kurdo e le sue origini.Dottorando in Storia e Istituzioni dell'Asia e dell’Africa Moderna e Contemporanea con sede all'Università di Cagliari.



PREFAZIONE

Lo scopo del volume

È questo uno dei pochi lavori di ricerca sui Kurdi C1) che cerca di affrontare alle radici la conoscenza di uno dei più scottanti, tragici e sconvolgenti problemi che attualmente si confrontano nel Vicino Oriente; la lotta per la sopravvivenza storica, politica e culturale di questo popolo, unita alla speranza che la sua esistenza sia finalmente riconosciuta dagli Stati in cui esso vive.

Il volume è frutto di una tesi di cui fui relatore e che ora con grande piacere, come mi è stato gentilmente richiesto, vorrei introdurre, ponendo la ricerca all’intemo di una più vasta problematica che raggiunga i tempi attuali (2). Il periodo coperto dallo studio termina infatti con l’inizio del nazionalismo kurdo e si interessa particolarmente della zona ottomana, essendo l’autore originario di Sulaymaniya.

Il presente volume è il banco di prova per un dottorato di ricerca, che copre l’intero periodo della storia kurda. Questo studio può servire da esempio per altre ricerche sulla complessa tematica che unisce e divide al tempo stesso tribù, etnie, gruppi religiosi, e Stati plurinazionali e nazionali, islamici e non.

Non c’è Stato africano che non abbia tuttora tali problemi e gran parte degli Stati musulmani mantengono al loro interno quelle che vorrei chiamare polivalenze piuttosto che differenze o divisioni.

Tribù e Stato

La tematica Tribù-Stato, Tribù-Nazione è stata affrontata da Ernest Gellner soprattutto per il Maghrcb (l’Occidente islamico) (3), da Richard Tapper per l’Iran e l’Afghanistan (4) e nel caso kurdo, da Martin Van Bruinessen (5). In verità anche questi lavori si fermano al periodo precedente la Guerra del Golfo e così non possiamo conoscere le ultime vicende se non dai resoconti giornalistici spesso privi di background storici o da una certa pubblicistica di parte.
Per i punti di riferimento ‘nazionali’ ho preso in esame ancora Ernest Gellner (°) e anche Elie Kedourie, soprattutto per il nazionalismo turco (7).

I concetti di Tribù e Stato sono stati analizzati a fondo da antropologi e politologi. Gellner riprende le sue teorie dalla famosa Muqaddimah di Ibn Khaldun (8): le tribù sono libere, non pagano le tasse e perciò paradossalmente, pur essendo tendenzialmente idolatre (e quindi infedeli) possono riprendere più facilmente l’antica fede islamica con un genuino ritorno alle più pure origini, perché la città, strumento dell’Islam ortodosso, può diventare anche il luogo della peggiore corruzione. Le due fratellanze, Vutnma, la società dei credenti e l’asabiyyah, quella tribale, si completano a vicenda. Così si spiega la rilevanza dei Kuraishiti, la tribù del Profeta, da cui dovrebbe provenire il ‘buon’ Califfo, e l’accentuazione organica della comunità islamica che ha insieme sempre la doppia discendenza, quella spirituale e di sangue, rafforzata come si vedrà anche dalle confraternite islamiche.

Sul piano socio-politico si delinea un continuum tribale, dal clan alla tribù, dalla federazione ai Principati, dalla umma politica agli Stati sovra-nazionali (in particolare la Persia e l’Impero Ottomano) e infine la loro rottura con il ritorno al puritanesimo iniziale o la sublimazione dell’ora-biyyah nella umma o viceversa, innescando ogni tipo di nazionalismo religioso e laico.
Si può parlare di una presenza sociale segmentaria iniziale che dà scarsa rilevanza al politico ma che si allarga col tempo fino a formare vere e proprie formazioni politiche.

Mi sembra che all’interno di formazioni statali plurinazionali come quelle imperiali le tribù abbiano uno spazio maggiore. Possiamo trovare al loro interno la gamma più svariata di dimensioni e di inter-relazioni sociali e politiche oltreché religiose. Mi riferisco qui all’Impero Ottomano e a quello Persiano che dal 1514, dopo la battaglia di Cialdiran avevano in qualche modo tollerato la reciproca esistenza: da una parte i Sunniti, eredi del Califfato abbasside, dall’altro gli Sciiti eredi dell’Imamato alide. Ma i confini non erano certo determinati dal diritto internazionale, perché entrambi gli Imperi reclamavano di rappresentare egualmente la umma.

Non fu possibile per i Kurdi, come successe per gli Afghani, formare uno ‘Stato cuscinetto’. Gli Imperi con pretese religiose universali non potevano tollerare dei confini che rimanevano perciò in uno stato di continua flessibilità e permeabilità; non erano Stati nazionali che si espandevano via terra o via mare ben attenti all’aspetto politico, pragmatico ed economico, dei propri domini coloniali.

Le fonti del nazionalismo kurdo

Non abbiamo una letteratura nazionale kurda se non poetica, frutto di cantori e di bardi di corte, al tempo dei grandi Principati kurdi o itineranti, di capi e ‘briganti’ tribali. Le radici del popolo kurdo rimangono in gran parte oscure, anche se l’ideologia nazionale ne sottolinea ormai l’origine nel popolo dei Medi, con maggiore veridicità di alcuni storici nazionalisti turchi che, identificando il territorio con la nazione, pretendono un’origine ittita o addiritttura ariana.
Ne fanno esempio gli scritti di Ziya Gòkalp (1875-1924) (9), peraltro di Diyarbakr, di origine kurda, che nel suo Millet ve Vaiati (1914) (10) sostiene che non vi è incompatibilità tra Nazionalismo turco e Islam; “La nazione turca è di origine uralo-altaica, appartiene alla ummet islamica ed all’internazionalità occidentale”. Così declama; “Terra dove il richiamo alla preghiera risuona dalla moschea in lingua turca. Terra dove lo scolaro legge il Corano nella sua lingua madre. O figlio del Turco, questa è la tua ...



Alcuni ringraziamenti

Sia nella fase del lavoro di ricerca che in quella della composizione del libro, ho trovato aiuto e disponibilità da parte di persone e istituti, ai quali mi sento in dovere qui di riconoscere una menzione. Prima di tutti voglio ricordare e ringraziare mia moglie Emanuela Bigattin e il prof. Enrico Fasana per il suo interesse, la sua pazienza, i suoi preziosi consigli prima come relatore della tesi di laurea e poi nel far diventare questo lavoro un libro.

Merita un particolare ringraziamento la dr. Mirella Galletti come l’unica persona in Italia che si è interessata attivamente da alcuni decenni al problema kurdo e che mi ha fornito materiale interessante. Voglio ringraziare anche la dr. Paola Klantschnik, la dr. Elisabetta Angalò e la dr. Roberta Canziani per il contributo linguistico in alcune traduzioni.

Ringrazio infine la comunità ebraica di Trieste per avermi dato indicazioni bibliografiche sull’argomento degli Ebrei in Kurdistan; e il personale della biblioteca del Seminario Vescovile di Trieste per la gentile disponibilità offerta durante le mie ricerche.

Un’avvertenza

Si ritiene necessario avvertire che negli ultimi quattro capitoli, a proposito delle organizzazioni culturali e politiche kurde, sono stati usati diversi termini, diversi per modo di scrittura, ma con lo stesso significato. Per “associazione” o “società” sono stati usati i seguenti termini: Giam’iety - Gem’iyeti - Djem’iyeti -Cem’iyeti e Ciam’iyeti; per “kurdo” o “kurda” sono usati kurd - kurt e Kurt; ed infine per “il progresso” sono usati taraki e tarraki. Questi diversi modi di scrivere lo stesso termine derivano dalla scelta di riportare il termine come trascritto dai diversi autori consultati in diverse lingue. Ciascun autore ha trascritto infatti la pronuncia a lui nota del termine.

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